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Il Convento delle delizie, parte 2

by Apollodoro new


Stremato, dopo le inaudite fatiche sessuali sostenute nella giornata, mi accasciai sul giaciglio della mia cella monacale, non senza aver prima messo diligentemente fuori dalla porta la ciotola colma del mio giovane sperma, candido come la neve. Piombai in un sonno profondo, che nel giro di qualche ora si popolô di sogni terribili. Assistevo, in una scena onirica dalle tinte rossastre, allo scontro diretto fra Dio e il Diavolo che si contendevano la mia anima. Il Diavolo, quell’angelo che mi era apparso nella prima visione e poi nella seconda aveva rivelato di possedere un poderoso organo sessuale perennemente eretto e in eiaculazione continua, si mostrava ora in tutta la sua forza e in figura intera. Si potevano osservare le sue gambe possenti, la cui peluria si infittiva sempre piû andando verso il basso, e che terminavano in due grossi zoccoli neri, lucidi come pietre preziose. Le ali spiegate erano meravigliosamente cangianti, come la superficie delle bolle di sapone. Dio, che lo fronteggiava, appariva come un uomo maturo grandiosamente vigoroso, il cui volto, incorniciato da una fluente barba bianca, aveva un’espressione grave e determinata. La lotta si svolgeva in questo modo: Dio brandiva una frusta dalle molteplici cinghie, lunghissima, e con quella dava violente sferzate sul Demonio, e insisteva particolarmente sul suo fallo, quasi volesse cercare di stroncarglielo. L’altro resisteva, con un ghigno beffardo, alle frustate e rispondeva dirigendo il getto di sperma sul suo avversario, colpendolo preferibilmente sul viso e togliendogli quasi il respiro per la quantità di liquido che riusciva a far affluire nella zona inferiore del volto. Dio pronunciava parole terribili di accusa e di giudizio contro il Diavolo, ma per farlo era costretto ad aprire la bocca lasciandovi entrare almeno in parte il bianco getto eruttato dal cazzo diabolico. “Tu sprechi quantità immani di seme vitale, tu fai scempio della parte piû preziosa del mio creato!!!” urlava Dio con voce tremenda. “La vita, che tu credi di aver creato ma esisteva ben prima di te, ê cosa molto piû violenta e incontrollabile di quanto tu possa immaginare, ê cosa che costringe tutti i suoi figli a sottostare a leggi invalicabili, la cui principale ê la Legge del Desiderio, a cui anche tu non puoi sottrarti!!!” ribatteva il Demonio. “Come osi!!! Io sono puro, sono puro Bene!!! Pagherai per queste infamie, Bestia immonda, lurido Serpente capace solo di ingannare e calunniare!!!” “Io lo so, so anche che tu nascondi sotto le tue vesti un normalissimo organo sessuale di cui ti vergogni profondamente e che non sai come placare, perché ti ricorda che anche tu sei parte di qualcosa di piû grande di te: anche tu sei stato generato!!!” “Bugiardo! Ah! Che tu sia dannato per l’eternità! Vorrei estirparti quell’osceno trofeo che porti fra le gambe, sradicarlo e gettarlo nelle fiamme dell’Inferno! Solo questo potrebbe finalmente far cessare…” ma Dio non poté finire la frase perché in un impeto di rabbia il Diavolo aveva raddoppiato la forza del suo getto seminale ed era riuscito a dirigerlo dritto al centro della bocca divina. Per non soffocare Dio fu costretto a deglutire, poi disgustato vibrô un colpo spaventoso alla base del cazzo diabolico, riuscendo a far attorcigliare le cinghie intono all’asta, poi prese a tirare furiosamente, ma il Diavolo riusciva a seguire ogni strattone, volteggiando con le sue ali di farfalla, ed evitando cosî di venir evirato dalla violenza dell’ira divina. Nel bel mezzo di questa scena mi svegliai, sudato, tremante, sconvolto. La semplicità dell’ambiente in cui mi trovavo, la cella 23 che mi era stata assegnata, riuscî perô subito a riequilibrare i miei umori. Nonostante il sogno fosse stato molto angoscioso il mio membro si ergeva in tutta la sua lunghezza e grossezza. Dovetti abituarmi, durante tutto il periodo del mio soggiorno al convento, al fatto di trovarmi in uno stato di quasi perenne erezione. Era come se il fallo avesse una vita propria, indipendente dalle varie emozioni che io potessi provare, o come se rispondesse ad una eccitazione profonda, inconscia. In effetti il luogo in cui mi trovavo, il Convento dei monaci di S. Rocco, aveva qualcosa di speciale, si respirava nell’aria il desiderio sessuale (mi resi conto piû avanti che tutto, in quel luogo, esalava odore di sperma, era come se ne fossero impregnate le pareti, i pavimenti, i mobili, e i rumori che provenivano dalle celle erano quasi sempre mugolii, ansimazioni, invocazioni, imprecazioni, e tutta la gamma dei suoni umani che precedono, accompagnano e seguono il piacere carnale…) Nella sala mensa, dove mi recai per la colazione, già erano seduti alcuni monaci. Al banco dove si potevano prendere le vivande un monaco dai capelli rossi cortissimi mi notô ed esclamô: “Ehi! Ma tu sei un novizio! Non ti ho mia visto, prima. Subito qua, in ginocchio!”. Ricordavo le istruzioni impartitemi da Padre Marcello, e ubbidiente mi inginocchiai di fronte al rosso. Questi, sollevata la tunica quel tanto che bastava, mi cacciô in bocca un cazzetto di piccole dimensioni ma ben proporzionato e già durissimo. “Datti da fare. Vediamo come te la cavi: fammi venire solo con la lingua, vai! Veloce!” Iniziai a leccarglielo come se fosse un gelato, ma ben presto mi arrivô uno scappellotto. “Cosî ci metterai una vita! No, no, non intendevo in questo modo!” Afferrata la mia testa, mi mostrô cosa aveva in mente e mi impose un ritmo sostenuto che fui poi tenuto a mantenere anche dopo che mi ebbe lasciato libera la testa. Mentre lo stavo portando all’orgasmo gli altri presenti si avvicinarono e ben presto si formô una fila di monaci che brandivano il loro membro eretto, in attesa di poter approfittare della mia bocca. La prima giornata fu tutta cosî. Dovunque andassi c’era qualcuno che appena mi vedeva reclamava il suo diritto, spesso in malo modo. Ogni volta ingoiavo tutto, ed ebbi cosî la possibilità di constatare la varietà dei sapori e delle consistenze dello sperma, dall’acidulo al dolciastro, dal cremoso al lattiginoso… Nel frattempo la mia erezione non era cessata e cominciava ad essere dolorosa. Nel tardo pomeriggio mi diressi verso la mia cella, per poter dare libero sfogo al bisogno impellente. Con grande sorpresa trovai dentro Virgulto. Come mi vide entrare gli venne subito la bava alla bocca e mormorô: “So che non dovrei. Le regole ci vietano di far godere i novizi, perché devono abituarsi prima a rapporti unicamente passivi, ma… possiedi una sborra cosî sublime che… non resisto all’idea di poterla gustare calda, appena sgorgata. La ciotola di stanotte mi ha deliziato… Vieni qua, Boltraffio, qua bel ragazzone!” Mi abbandonai alla sua bocca esperta, che nel giro di un paio di minuti riuscî a provocare in me una violenta eruzione di liquido seminale. Poi assistetti ad un’altra scena scioccante. Virgulto si era completamente denudato, e dopo avermi svuotato in quel modo iniziô a masturbarsi. Aveva una fallo asinino, durissimo, e mentre lo dimenava teneva la bocca spalancata (nella quale si potevano ancora intravvedere le tracce di quanto aveva appena ingurgitato). All’improvviso vidi fuoriuscire un getto cosî potente che andô a colpirgli la faccia. I fiotti successivi riuscî a direzionarli in bocca. Poté cosî assaporare la propria stessa sborra, ancora calda come la preferiva.

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